------------------ELIMINATO L'IMPOSSIBILE,CIO' CHE RESTA,PER IMPROBABILE CHE SIA,DEVE ESSERE LA VERITA'!
 
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LA RIPRODUZIONE DEI SUONI

Ultimo Aggiornamento: 27/03/2014 23:23
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AMMINISTRATORE UNICO
27/03/2014 23:23



Questo secondo capitolo sarà abbastanza discorsivo: ci dedicheremo alla scoperta delle varie scuole di pensiero esistenti circa la riproduzione dei suoni e le loro principali caratteristiche da un punto di vista più audiofilo e molto meno tecnico.
Faremo, in altre parole, una panoramica per introdurre concetti più tecnici e funzionali allo sviluppo dei capitoli successivi che, sebbene abbia deciso di separare fra loro, possono essere letti in un’ottica di assoluta continuità.
L’obiettivo di questa sezione è quella di trattare dei dispositivi di amplificazione Hi-Fi pur fornendo qualche elemento conoscitivo sui suoni e sugli altri componenti la catena riproduttiva. Iniziamo.
E’ ovvio che chiunque di noi possegga un impianto hi-fi o voglia acquistarne uno o ancora come noi di questo sito, desideri autocostruirlo, lo fa poiché intende utilizzarlo per riprodurre dei suoni e, conseguentemente, per goderne gli effetti. Secondo alcuni ricercatori americani l’ascolto di un certo tipo di musica avrebbe anche effetti terapeutici non solo nel campo dello stress, ma anche nella cura di vere e proprie patologie e certamente questo è ancora un campo profondamente tutto da esplorare.


Quali sono i suoni che andremo a riprodurre con il nostro impianto Hi-Fi?
Essi si distinguono principalmente in suoni di strumenti musicali, voce umana, versi di animali e rumori generici, siano quest’ultimi naturali o artificialmente prodotti.


La voce umana, però, riveste un ruolo fondamentale nella corretta riproduzione dei suoni, tanto che personalmente, quando provo un qualsiasi diffusore o amplificatore, includo sempre nella sessione di prove un disco prettamente “vocalist”.
Anche perché, come già immaginerete, se è impossibile anche per lo stesso liutaio costruire due violini che emettano esattamente lo stesso suono è praticamente impossibile imitare alla perfezione la voce di un essere umano: ogni voce è, pertanto, unica. Lo sanno bene gli “imitatori” che, sebbene ci si avvicinino molto, non riescono mai del tutto ad imitare alla perfezione la voce di un cantante o di un qualsivoglia altro personaggio. Se ad esempio volete cogliere le differenze di suono di due amplificatori la cosa più semplice è sicuramente utilizzare un c.d. che abbia una buona registrazione di un brano prettamente vocale.


Vi sono poi i suoni emessi dai vari tipi di strumenti musicali, ognuno dei quali ha ben proprie determinate caratteristiche: anche qui occorre distinguere, però, tra strumenti e strumenti.
Se troviamo pressoché tutti d’accordo circa la necessità di avere una perfetta riproduzione del violino, che occupa, come sapete, la gamma di frequenze medio-alte, alcuni appassionati (eccezion fatta per il sottoscritto s’intende) discutono circa l’opportunità di attenuare la presenza di gamma bassa di strumenti come contrabbasso, batteria, strumenti a percussione in genere e secondo me a questo punto (anche se loro negheranno) anche la voce di un basso umano.
Tale tendenza ha il suo riscontro commerciale nel fiorire di prodotti a piccolo volume d’ingombro particolarmente presenti sulle frequenze medio alte, le ormai diffusissime mini casse (vedi Pro Ac – Audio Pro) in configurazione monitor.


Come avrete sicuramente capito sto pilotando la discussione sulle varie “filosofie costruttive” dei diffusori acustici e saranno proprio queste scuole di pensiero il principale oggetto di approfondimento di questo secondo Capitolo.
Alle filosofie costruttive degli amplificatori dedicheremo, invece, la maggior parte dei rimanenti capitoli.


Senza addentrarci, adesso troppo nel meccanismo di funzionamento dei più comuni e diffusi trasduttori acustici, li possiamo immaginare come corpi elastici che vengono attratti o respinti, (poi vedremo che ci sono vari modi per realizzare ciò) da un magnete attivato dal passaggio di corrente elettrica, da qui il nome di trasduttori elettrodinamici.
Vedremo tra breve che vi sono anche altri tipi di trasduttori.
Nel nostro super semplificato esempio, il magnete viene sollecitato e controllato dall’amplificatore, che a sua volta viene pilotato da una sorgente musicale che gli indica quando e come attrarre o respingere.
L’amplificatore è solo il tramite tra sorgente e trasduttore, ma trattasi di un tramite indispensabile e fondamentale.
Semplificando idealmente il concetto, potremmo immaginare anche che il magnete, che attrae e respinge il trasduttore acustico, sia direttamente l’amplificatore. Il corpo elastico, oscillando, produce onde sonore che si propagano attraverso un mezzo, nel nostro caso attraverso l’atmosfera, ma sappiamo che i suoni si propagano anche attraverso corpi liquidi o gassosi o solidi, fino ad arrivare all’ascoltatore.

Adesso noi considereremo costanti l’atmosfera e la sorgente sonora per esaminare più attentamente gli altri due elementi. Nel I° Capitolo abbiamo visto che in realtà anche il mezzo, attraverso cui le onde si propagano è importantissimo, così come è fondamentale la qualità della sorgente sonora, nessuno potrebbe, infatti, negare le differenze esistenti tra un registratore a nastro, un lettore c.d., un lettore DAT, un lettore Super Audio CD o un vecchio giradischi, ma per ora non presteremo attenzione a tutto ciò.


Le scuole di pensiero di riproduzione dei suoni, almeno a parere di chi scrive, possono essere inquadrate in tre principali categorie:


1. il diffusore elettrodinamico caricato a tromba;


2. il diffusore elettrodinamico a membrana;


3. il diffusore planare elettrodinamico piatto o elettrostatico;



Diffusori caricati a tromba


La tipologia di diffusori a caricati a Tromba è la prima ad essere cronologicamente nata, poiché i diffusori a tromba per le loro caratteristiche tecniche, rappresentate dall’altissima efficienza, si prestavano ad essere utilizzati con i primi amplificatori valvolari che notoriamente avevano capacità amplificative di pochi Watts.
I componenti funzionano sempre sul principio di membrane sollecitate grazie a campi magnetici elettrici generati e controllati dall’amplificatore, ma questi vengono opportunamente inseriti in condotti a forma di tromba che incidono fondamentalmente sulle caratteristiche. Potremo dire che sono stati la prima evoluzione dei primordiali grammofoni. Occorreva, dunque, ottenere diffusori che suonassero con piccole amplificazioni del segnale d’ingresso. Notoriamente si tratta, quindi, di diffusori dalle medie-grandi dimensioni, causate dall’esistenza di tali condotti, abbastanza costosi e abbastanza difficili da collocare soprattutto oggi, nelle comuni abitazioni. In passato il possesso di un impianto acustico era quasi sempre indice di elevata cultura musicale e di una certa levatura sociale e i benestanti non avevano certo problemi di spazi domestici. Con le fondamentali scoperte di elementi amplificativi aventi caratteristiche ben diverse dalle valvole, come i >b>transistor (presentati per la prima volta nel giugno 1948 nei laboratori della società Telefonica Bell, da tre ricercatori americani, W. Shockley, W. Brattain e J. Bardeen, e applicati in campo audio negli anni successivi) seguiti poi dai F.E.T., che riuscivano ad aumentare in maniera ben più consistente il segnale d’ingresso, nascevano nuove filosofie costruttive sicuramente più orientate verso il mercato che non verso la pura qualità sonora.

Diffusori elettrodinamici a membrana


Si diffondeva, così, la filosofia dei “diffusori dinamici a membrana, a "cono" e "a cupola", che risolvevano alcuni dei problemi di ingombro, appiattendo, però, in maniera considerevole, almeno in prima battuta, le differenze riproduttive. In realtà la mia non vuol essere una sterile critica, poiché ritengo che soltanto questo tipo di diffusori poteva ben interfacciarsi con gli amplificatori a transistor, soprattutto i primi amplificatori Bjt che, avendo diversi punti critici trovavano nei diffusori dinamici la loro più corretta applicazione. Le mie riflessioni sono ovviamente rivolte ai primi diffusori dinamici e ai primi amplificatori a transistor.
Chi di Voi ha posseduto dei diffusori marca AR, Peerles, Celestion ecc. ecc. fabbricati negli anni 60 e 70?
Ebbene in tutta onestà nessuno potrà negare che, rispetto agli attuali presentavano efficienze molto più contenute, quanto alla trasparenza poi…
E chi di voi potrà negare che, sempre in quegli anni, era molto comune imbattersi nei vari negozi di elettronica Hi-Fi unicamente per confrontarsi esclusivamente sulla potenza di quel o di quell’atro tipo di amplificatore.
Da “noi” chi ne possedeva uno con potenza dichiarata inferiore ai 120 W per canale era guardato come un “principiante”, neanche degno di parlare per esprimere la propria opinione. Si veniva seriamente presi in considerazione se si possedeva qualcosa capace di ben 150-160 W a canale, mentre si era decisamente nell’Olimpo degli Dei oltre tale limite.
Chi si ostinava, poi a parlare di valvole, veniva considerato come minimo "obsoleto", "vecchio", "arcaico" e "ottuso", in quanto rifiutante il “nuovo” ed il progresso tecnologico in generale.


“ "Il tempo è galantuomo” ripete sovente un mio carissimo amico… e negli anni la “tendenza di cui sopra” è andata affievolendosi sempre più fino a ribaltarsi completamente. La verità è finalmente emersa restituendo dignità alla prima scuola di pensiero, quella dei diffusori caricati a tromba e degli amplificatori valvolari. Occorre, poi considerare, che il progresso tecnologico ha dato una grossa mano alla scuola dei diffusori elettrodinamici a membrana, modificando considerevolmente i parametri in campo finora esaminati. La qualità dei trasduttori a membrana è migliorata esponenzialmente e consente, adesso, di ottenere diffusori radicalmente diversi dai primi esemplari. L’introduzione di nuovi materiali, a differenza dell’iniziale semplice cartone, ha apportato una piccola rivoluzione.
Vengono oggi realizzati componenti capaci di compiere escursioni incredibilmente ampie e dinamiche e soprattutto senza evidenti limiti di durata nel tempo. Tanto per citarne alcuni:
in primis il polipropilene, poi carte e gomme telate trattate al titanio, al rame o all’alluminio, o ancora seta in tutte le varianti possibili ed immaginabili. Anche la fisica ha poi contribuito ad ampliare le conoscenze sulla propagazione delle onde sonore e si è fatta strada la filosofia del bass reflex che come sapete, aumentando complessivamente l’efficienza della gamma bassa, tramite un tubo di accordo applicato al cabinet, consente di realizzare diffusori con volumi di ingombro decisamente più ridotti.


Negli anni ‘90 abbiamo così assistito al trionfo dell’Hi-Fi di massa e alla nascita della sottoscuola dei mini diffusori. Tale nuova filosofia si è particolarmente affermata in Gran Bretagna e successivamente anche in Francia e in Italia. E’ scontato, però, che, sebbene i minidiffusori riescano a fare miracoli, questi non possono, per ovvie ragioni di fisica applicata, arrivare a riprodurre la gamma di frequenze udibili fino al limite più basso.
I mini diffusori, al di là delle affermazioni delle varie case costruttrici, si attestano in basso, chi più chi meno, intorno ai 200 Hz, tagliando fuori dalla gamma riprodotta, un bel po’ di frequenze audio.
Ciò nonostante sono apprezzatissimi e diffusissimi, sia perché abbiamo già parlato della percezione dei suoni da parte dell’orecchio umano che si concentra maggiormente sulle medie frequenze, sia perché ricordate che tutto ciò che non si sente appare come originariamente non prodotto e quindi non può essere giudicato.
L’unico modo per evidenziare ciò che manca è effettuare immediatamente un confronto diretto nella riproduzione di una buona incisione tra un minidiffusore e un diffusore dinamico da pavimento: a questo punto sì che le differenze vengono finalmente fuori! Comunque io stesso ho posseduto alcuni minidiffusori e mi sono cimentato anche nell’autocostruirne uno, ottenendo buoni risultati, senza mai pensare però di aver toccato l’apice della riproduzione sonora.
Personalmente accetto l’esplorazione del campo dei mini diffusori a patto di non avere l’assoluta convinzione di essere in presenza di prodotti Hi-End.


Da ultimo evidenzierei, comunque, anche le doti personali dell’ascoltatore .
L’amico Alessandro ha realizzato qualche giorno fa delle interessantissime lezioni sull’inquinamento acustico e sulla diminuzione della percezione dei suoni dell’orecchio umano legato anche all’età dell’individuo.
Ebbene personalmente ho assistito a scene di fior fiori di appassionati, anche piuttosto facoltosi, ma un po’ in là con gli anni, che focalizzavano le loro attenzioni su costosissimi mini diffusori, reputandoli eccellenti, poiché non riuscivano a cogliere evidentissime differenze sulla riproduzione della gamma bassa tra mini casse e diffusori da pavimento.
E per di più mi chiedevano pareri e consigli tecnici, mentre io, attonito, li guardavo sbigottito...




Il diffusore planare


L’ultima scuola di pensiero, quella del diffusore planare, nasce negli Stati Uniti D’America negli anni ’70, basandosi su principi di funzionamento non convenzionali. Il primo che esamineremo è quello del diffusore elettrostatico, nato dall’idea di far muovere una membrana in un campo elettrico generato e, soprattutto direi assolutamente ben controllato da elettrodi. La membrana viene attratta e respinta all’interno di questo campo elettrico in un sistema tira e molla. Le doti principali di questo sistema sono rappresentate dal perfetto controllo del corpo elastico che produce la vibrazione. Cercherò di essere più chiaro. Il diffusore elettrostatico ha al suo interno delle forze magnetiche che determinano lo stato di immobilità delle membrane.
Facendo attraversare gli elettrodi dalla corrente proveniente dall’amplificatore si modificano tali forze e si genera un movimento della membrana, che però viene riportata allo stato precedente (non appena la corrente dell’amplificatore cessa) dalle forze che determinano lo stato di immobilità. Quindi il ritorno allo stato di immobilità non è affidato a forze meccaniche, ma a forze elettriche, risultando più veloce e controllato.

Il secondo principio è quello del diffusore isodinamico che media il funzionamento dai comuni diffusori elettrodinamici a membrana.
Anche qui troviamo dei magneti che attraggono o respingono una membrana di mylar e che generano un campo elettrico, ma c’è meno controllo sulle escursioni della membrana rispetto al diffusore elettrostatico.
Però c’è anche una maggior efficienza complessiva. Da ultimo troviamo c’è il principio del trasduttore a nastro, dove due file di magneti attraggono o respingono un nastro di alluminio vibrante che emette esclusivamente frequenze medio alte.


I diffusori che hanno trovato maggior successo di pubblico, tra i planari, sono stati gli elettrostatici. Spesso molto decantati anche dalla critica giornalistica. Si tratta comunque sempre di realizzazioni molto costose, mi vengono adesso in mente gli esossissimi diffusori della Martin Logan, (Ascent, Odyssey e Prodigy) della Quad (il recentissimo ESL 989) della Elac e della Audiostatic, tutti caratterizzati da grandi dimensioni lineari e ridotti volumi, tanto che alcuni modelli vengono addirittura appesi alle parti come quadri essendo, a questi ultimi, anche molto rassomiglianti.
L’ultimo nato in casa Elac, l’Imago ha addirittura la rete frontale stampata con coloratissimo motivo floreale ed è molto difficile non confonderlo, a prima vista, con una litografia di Michele Cascella.
Tutta la famiglia dei diffusori planari è comunque caratterizzata dall’avere una bassa sensibilità e una scarsa presenza sulle basse frequenze tanto da far affermare a qualche giornalista (ho letto qualcosa su Audio Rewiew qualche tempo fa) che il modello Quad ESL 989 è il primo diffusore elettrostatico full-range e questo la dice lunga sui problemi in gamma bassa dei diffusori elettrostatici.
Questi hanno, inoltre, una scarsa dispersione angolare e soprattutto presentano una certa difficoltà di pilotaggio da parte degli amplificatori a causa della bassa impedenza.
Qui davvero occorrono ampli robusti, mentre l’unico pregio è rappresentato da una certa trasparenza sulle medio-alte frequenze che però li fa definire anche particolarmente asettici e privi di personalità.
Hanno infine la capacità di suonare sempre allo stesso modo, sia a bassi che ad alti volumi di amplificazione: rimangono, in altre parole, sempre piuttosto presenti.


Adesso spendiamo due parole sul concetto di sensibilità e poi passeremo direttamente alle conclusioni.
Abbiamo visto come spesso, nel mondo dell’alta fedeltà si parla di efficienza, di sensibilità e di pressione acustica.
Dal punto di vista teorico abbiamo già visto nel I° Capitolo come l’orecchio umano non ha la capacità di rilevare l’aumento della pressione sonora in maniera lineare, proporzionalmente, ma lo fa secondo piuttosto secondo leggi matematiche logaritmiche (il bel), e abbiamo visto come l’intensità sonora viene appunto misurata in deci-bel (simbolo dB).
Adesso entriamo nel merito della pressione sonora facendo qualche considerazione più pragmatica.
Se ad esempio prendiamo un diffusore (qualunque esso sia) che dichiari una sensibilità di 80 db/W/mt (che vuol dire misurata ad un metro di distanza ed applicando 1 W di potenza) per ottenere in uscita una pressione di 90 db/mt (sempre misurata ad un metro di distanza e dello stesso diffusore) dovremo fornirgliene ben 10.
Con 100 W di potenza il nostro diffusore produrrà soltanto 100 db/W/mt.
Questo mentre ad un diffusore con efficienza di 100 db/w/mt ne basterà 1 soltanto. Di cosa? Di watt in ingresso.
Si avete capito bene. Se poi l’obiettivo è sonorizzare una stanza domestica ad un certo livello toccando i 110 dB, cioè un buon livello posto che la soglia del dolore si colloca intorno ai 120/130 db, allora dovremo fornire, al nostro pigro diffusore da 80 db/W/mt, ben 1.000 W.
Questo quando, stando comodamente seduto sulla mia poltrona, ottengo esattamente lo stesso risultato di pressione sonora (e cioè i 110/db/mt) dal mio piccolo amplificatore Ella (scarsi 10 w a canale) collegato ad un paio di diffusori caricati a tromba.
Il tutto con una qualità sonora, decisamente migliore, poiché l’amplificazione fornita è estremamente bassa e, conseguentemente, estremamente pura.
Un aumento spropositato di amplificazione del segnale di ingresso produce, infatti, una grossa perdita di qualità sonora e vedremo nei successivi capitoli perché.


Evitando adesso di esprimere considerazioni troppo personali, io posseggo un determinato impianto stereo scelto sulla base di particolari considerazioni che non sarebbe corretto adesso esternare concludiamo, questo secondo capitolo, con una breve panoramica sui “sistemi ibridi”, vale a dire su quei sistemi basati su quella filosofia costruttiva che suggerisce di fondere le varie scuole di pensiero, sopra illustrate, prendendo il meglio da ognuna di esse.
Così esistono diffusori che hanno midrange e tweeter caricati a tromba, oppure planari elettrostatici o ancora planari a nastro metallico con uno o più woofer in sospensione pneumatica oppure accordati in bass reflex o ancora a labirinto.
Quindi i mix possono essere i più svariati e fantasiosi purchè il risultato finale sia di un certo livello. L’ultimo modello ibrido della Cadence denominato Avita potrebbe rappresentare un esempio di diffusore ibrido sicuramente interessante.


Il mercato offre oggigiorno, quindi, una gamma infinita di prodotti per cui chiunque desideri acquistare o autocostruire un diffusore ha una scelta assai vasta, occorre poi effettuare considerazioni in relazione all’esigenza che occorre soddisfare, anche se nelle “due righe” appena scritte è chiaramente emerso un limite al di sotto del quale si può dire di essere fuori dal concetto di Alta Fedeltà.
Spero di non aver annoiato nessuno con questa breve panoramica, ma di aver nel mio piccolo rispettato l’intento iniziale che era quello di fare un po’ di chiarezza intorno all’argomento, non mi resta, quindi, che salutarVi e passare ad introdurre il prossimo Capitolo che si occuperà dell’ambiente di ascolto.


Integrazione alla II lezione: i Diffusori Acustici.

A seguito di alcune domande, rivoltemi da numerosi appassionati nello scorrere di questa torrida estate 2003, torno brevemente sull’argomento diffusori al fine di completare la “veloce” panoramica, a suo tempo illustrata, giudicata a “furor di popolo“ troppo breve e superficiale.
Sulla base dell’ampia saggezza contenuta nei detti dei nostri illustri Avi “Vox Populi Vox Dei”, apro, allora, questa breve parentesi.
Dalle e-mail raccolte, infine, segnalo, come puro dato statistico, un interesse elevatissimo intorno all’autocostruzione di diffusori, forse proprio per la relativa o almeno apparente “semplicità” di realizzazione….
Entrando in argomento riprenderei quanto fin’ora detto rivisitando il meccanismo in base al quale i diffusori funzionano.
I trasduttori acustici dinamici generano onde sonore in relazione ad un segnale elettrico proveniente dall’amplificatore.
Tale segnale (che ripeto è un segnale di corrente alternata), attraversando un campo magnetico, genera, infatti, una forza elettromotrice all’interno di un avvolgimento denominato bobina.
Questa, infine, è collegata ad una membrana, che inizia, di conseguenza, a muoversi subendo un’attrazione e un respingimento in dipendenza della forza elettromotrice.
Il campo magnetico presente nel trasduttore, che consente al segnale di generare la forza elettromotrice, è determinato da un magnete posto all’estremità dello stesso (come avranno avuto modo di notare tutti colori che hanno osservato da vicino, e con attenzione, un trasduttore acustico).
Uno sguardo alla figura sotto riportata chiarirà quanto appena detto:




In figura è stato riportato lo schema un woofer, ossia di un “trasduttore dinamico” utilizzato per la riproduzione di basse frequenze sonore.
Il movimento della membrana genera, come avrete facilmente intuito, onde sonore che si propagano nell’aria per giungere alle nostre orecchie.
Le onde sonore vengono generate, però, non solo verso il fronte del trasduttore, ma anche verso il suo retro dal momento che il movimento della membrana prevede una fase attiva, verso l’avanti, e una fase passiva di ritorno.
Per completezza aggiungerei che con lo stesso principio funzionano tutti i trasduttori, sia quelli che riproducono medio/alte frequenze, sia quelli che riproducono le basse.
Ciò che differisce da un trasduttore (woofer) all’altro (tweeter) è il numero di vibrazioni che compie la membrana nell’arco temporale:
un tweeter che riproduce frequenze medio-alte avrà una membrana più piccola e leggera in grado di oscillare molto più velocemente rispetto a quella di un woofer deputato a riprodurre quelle basse.
La membrana di un woofer oscillerà, quindi, molto più lentamente essendo dimensionalmente molto più larga e pesante. Ancora la quantità d’aria che risulterà essere mossa sarà grandemente più elevata di quella mossa da un mid range o da un tweeter.
Lascio a Voi adesso tutte le considerazioni sulle tecniche costruttive, sull’evoluzione nel tempo nell’impiego dei materiali, sulle evolute capacità elastiche di quest’ultimi, sulla reattività dei nuovi componenti eccetera, eccetera.

Per i lettori più esigenti approfondirei adesso l’aspetto critico dell'altoparlante ossia il rapporto tra bobina e magnete.
La bobina viene attraversata da una corrente che scorre in un senso generando, come già detto, un determinato campo magnetico.
Se il polo posteriore di questo campo è uguale a quello anteriore del magnete, la bobina sposterà in avanti il cono, perché poli di segno uguale tendono a respingersi.
Al contrario, facendo scorrere la corrente in modo inverso il cono tenderà ad andare indietro, perché poli di segno opposto si attraggono. Vi saranno così delle escursioni del cono (maggiori o minori a seconda della potenza del segnale applicato) e in numero proporzionale al numero di cambiamenti di polarità della corrente che attraverserà la bobina (ricordate che il segnale che giunge ai diffusori è sempre un segnale di corrente alternata).
In altre parole, cambiando la polarità alla corrente X volte al secondo, il cono si muoverà parallelamente X volte al secondo.
Applicando una variazione con una frequenza di 1.000 Hz, il cono si sposterà avanti e indietro 1.000 volte al secondo, producendo, così, una corrispondente frequenza.
Un woofer per le intrinseche caratteristiche costruttive non sarà in grado di riprodurre frequenze alte, ossia meccanicamente non sarà in grado di far oscillare la sua membrana 10.000 volte al secondo, perché quest’ultima è troppo pesante e poco elastica: le sospensioni e il cono non riusciranno ad assecondare il campo magnetico generato dalla bobina.
Il Wofer non riuscirà nell’intento (semmai qualcuno lo volesse far funzionare in tal senso) realizzando un così detto “taglio meccanico”.
Per far sì che ogni trasduttore lavori nell’ambito delle frequenze che riesce comodamente a riprodurre (e questo dipende ovviamente da come è stato costruito) si utilizzano dei filtri, i crossover, che assegnano ad ogni trasduttore la propria gamma di frequenze riproducibili.
In generale l’altoparlante per trasformare in onde sonore i movimenti meccanici impressi dalla bobina mobile, comprime le molecole d’aria adiacenti all’atto dello spostamento in avanti e, come accennavo prima, contemporaneamente crea una depressione dalla parte opposta del cono.
Il fenomeno inverso avviene quando esso si sposta all’indietro: quindi l’altoparlante emette dei suoni sia sulla faccia anteriore che su quella posteriore.

Qualche esempio numerico:
Consideriamo di riprodurre una frequenza di 30 Hz con un altoparlante da 25 cm di diametro, cui corrisponde una lunghezza delle generatrici del cono di circa 14 cm. La lunghezza d’onda di un suono di 30 Hz è pari a 340/30 = 11,33 m.
Il tempo impiegato dalla membrane per spostarsi in avanti è, per qualsiasi frequenza, pari a un quarto del periodo, e durante questo tempo l’onda di 30 Hz percorrerà 11,33/4 = 2,83 metri.
Questa lunghezza è notevolmente superiore ai 14 cm dell’apotema del cono, solo elemento separatore fra onde anteriori e posteriori, le quali interferiscono annullandosi in parte: è ciò si chiama "cortocircuito acustico.
Il nostro altoparlante funzionerà quindi correttamente solo per lunghezze d’onda minori di 0.14 x 4 = 0,56 m, cioè per frequenze superiori ai 340/0,56 m = 610 Hz circa; in realtà tuttavia il "cortocircuito acustico" si produrrà anche più in alto, fino ai 700 Hz circa, perchè occorre tener conto della parte del cono che è realmente attiva.
Per migliorare la risposta dell’ altoparlante consentendogli di riprodurre frequenze abbastanza basse, è necessario ridurre il valore al quale si produce il "cortocircuito".

Finora abbiamo parlato del dispositivo “nudo” che genera le onde sonore: il trasduttore acustico dinamico.
Adesso analizziamo la “carrozzeria” all’interno della quale il dispositivo si muove: il Cabinet.
Il Cabinet, o Cassa di Risonanza, svolge la funzione di eliminare le onde sonore emesse dal retro del trasduttore.
Queste, risultando in opposizione di fase con le onde emesse dalla parte anteriore, tendono ad attenuare l’intensità del suono emesso.
Le onde posteriori che vengono per così dire “catturate” all’interno del mobile vanno adeguatamente assorbite e smorzate.
Tale funzione viene realizzata isolando le pareti interne del Cabinet con materiali fono-assorbenti.
Per rispondere alle numerose e-mail ricevute sulla corretta forma che deve avere una cassa acustica, sgombriamo subito il campo dicendo che la forma geometrica della Cassa non influenza la fedeltà del suono: ci si può in buona sostanza sbizzarrire scegliendo la forma del cubo, o quella più utilizzata in genere del classico parallelepipedo, ma anche piramidale o trapezzoidale ecc…
Unico elemento inderogabile è il rispetto di alcune ovvie proporzioni e del volume complessivo interno che si vuole realizzare (attenzione a nettizzare il calcolo del volume interno dallo spazio occupato dal materiale fonoassorbente).

Tecnicamente parlando ci sono 4 tipi di diffusori acustici:
la Cassa Chiusa;
la Cassa Bass Reflex;
la Linea di Trasmissione;
la Cassa a Labirinto;

Sebbene ho già accennato a tali concetti ripetiamo brevemente e più approfonditamente.
Nella Cassa Chiusa, la massa d’aria racchiusa all’interno del Cabinet ha una propria frequenza di risonanza che aumenta quanto più si riduce il suo volume interno.
Un altoparlante per medi/bassi che in aria aperta ha una frequenza di risonanza di 40 Hz, una volta inserito in un Cabinet, eleva la sua frequenza di risonanza a 60 Hz.
Se il volume del Cabinet è, invece, esagerato non si ottiene un sufficiente smorzamento delle vibrazioni emesse dal cono con l’ovvia conseguenza di provocare distorsioni d’intermodulazione.
Nella Cassa accordata in Bass-Reflex viene applicato un foro al Cabinet.
La presenza del foro abbassa la pressione dell’aria presente all’ interno del mobile (che risulterà notevolmente ridotta rispetto a quella di una cassa chiusa) comportandosi come un vero e proprio filtro, all’incirca del 4° ordine.
La presenza del Reflex rinforza le sole frequenze dei bassi, ma non quelle medio alte. In tale tipo di diffusori sarà allora necessario abbinare al woofer accordato in bass reflex componenti mid-range e tweeter ad elevato rendimento.
Il Reflex utilizzato è quasi sempre un tubo di accordo, noto come “risuonatore di helmholtz” anziché realizzare un’apertura a finestra (anche possibile) essendo il tubo più facile da realizzare e tarare.
La lunghezza del tubo di accordo deve essere determinata in dipendenza del volume interno del Cabinet e alla frequenza di risonanza del woofer:
maggiore e’ il volume della cassa, più corta dovrà essere la lunghezza del tubo, ma minore sarà la frequenza di risonanza del woofer e più lunga dovrà essere la sua lunghezza: c’è, quindi, una proporzione inversa tra lunghezza del tubo e dimensione interna del Cabinet e frequenza di risonanza del componente attivo.
Nel Cabinet a Labirinto



l’inserimento di pannelli interni realizza un “labirinto” che induce l’onda posteriore a compiere un cammino molto tortuoso prima di uscire dal tubo di accordo reflex, di solito posto sul retro del mobile.
La lunghezza del labirinto deve essere calcolata in modo che risuoni sulla frequenza più bassa che si vuole esaltare, ad esempio i 35 Hz.
Questo tipo di cassa acustica presenta molte difficoltà costruttive e progettuali in quanto la forma del labirinto influenza di parecchio il suono fino a farlo diventare estremamente artificioso e ritardato. Personalmente pur reputando la Cassa a labirinto estremamente complessa, devo riconoscere che può rappresentare, per i più volenterosi e pazienti, un buon passatempo, di quelli che si possono esercitare empiricamente senza correre grandi rischi.
Infine c’è il modello LT (linea di trasmissione).
In questo modello si realizza sempre un labirinto all’interno del Cabinet, ma la forma del labirinto è lineare, tipo canna d’organo, ripiegata all’interno del diffusore e riempito di materiale fono-assorbente:



Il condotto, riempito di materiale fono assorbente, si trasforma da risuonatore a banda stretta in risuonatore a banda larga.
Inoltre la forma del condotto può essere regolare, come nella figura sopra riportata o irregolare, crescente o decrescente.



Anche il tipo di materiale assorbente utilizzato per riempire il condotto influenza notevolmente la riproduzione della gamma bassa, e dunque ci si può letteralmente sbizzarrire in prove e tests di ascolto prima di giungere alla configurazione che ognuno reputerà essere quella ottimale.
Una soluzione adottata da alcuni estremi appassionati autocostruttori che elimina molti problemi, ma ne crea altri dal punto di vista della pacifica convivenza domestica, è il baffle infinito.
Questo si realizza installando un woofer in una parete che abbia una stanza sul retro e che funga, quindi, da cassa di risonanza.......
Dopo quest’ennesima provocazione, che spero qualcuno raccolgam, è bene chiarire che non c’è in assoluto il diffusore migliore, ma come per gli amplificatori troviamo quelli a valvole, quelli a transistor, a mosfet o ibridi con caratteristiche e suoni diversi, così le varie tipologie di Casse presentano caratteristiche diverse che possono incontrare più o meno il favore dell’appassionato.
Avremo suoni non migliori o peggiori, ma semplicemente diversi fra loro.
La Cassa chiusa, ad esempio, presenta una gamma bassa secca, contenuta, controllata, ma forse non sempre presente, soprattutto ai bassi volumi, per i quali, come ricorderete, il nostro orecchio presenta una sensibilità di media frequenza 1.000 Hz che mette in secondo piano le basse e le alte frequenze.

Le Casse Chiuse sono, però, più semplici da costruire non avendo tubi di risonanza da accordare o tarare…………
Inoltre le basse frequenze subiscono un’ulteriore rafforzamento collocando il cabinet in prossimità degli angoli della stanza e direttamente poggiato sul pavimento, quindi massima attenzione al collocamento in sala d’ascolto dei diffusori in base anche allo scopo che si vuole perseguire.
Un saluto.

Roberto De Laurentiis


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ELIMINATO L'IMPOSSIBILE,CIO' CHE RESTA,PER IMPROBABILE CHE SIA,DEVE ESSERE LA VERITA'!

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