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Il triangolo delle bermuda e Atlantide

Ultimo Aggiornamento: 24/04/2012 23:30
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24/04/2012 23:30

Nell'Atlantico occidentale, a largo della costa della florida, c'è una zona di mare detta "Triangolo delle Bermuda". Questa è una delle zone più misteriose della Terra. Qui, più di cento aeroplani e navi sono svaniti nel nulla senza lasciare traccia. Non sono mai stati ritrovati né i corpi delle persone scomparse, né i relitti dei loro mezzi. Molti degli aeroplani sono svaniti all'improvviso, mentre erano in contatto radio con la terraferma, senza annunciare nessun pericolo evidente, mentre altri, prima di scomparire dal radar, hanno trasmesso via radio messaggi al limite dell'incredibile, dicendo che non riuscivano più a far funzionare i loro strumenti, che le bussole erano impazzite, che il cielo era diventato giallo e nebbioso, anche se fino a pochi secondi prima era stato limpido e che l'oceano non aveva più "un aspetto normale". Che fine hanno fatto quelle persone ed i loro aeroplani, o le loro navi? Si è sempre cercato di dare delle spiegazioni a tale fenomeno, ma ancora non si conosce la verità. Molti pensano che in un determinato punto dell'oceano ci possa essere un forte risucchio d'acqua, capace di trascinare le navi in profondità, ma ciò non spiegherebbe la sparizione degli aeromezzi. Allora si è pensato a uragani (anche quando non sarebbero dovuto esserci!), cicloni improvvisi in grado di trasportare oggetti anche molto pesanti per miglia, etc. Ma si è anche immaginato che tale fenomeno possa centrare qualcosa con la famosa civiltà perduta di Atlantide. Secondo la descrizione che ce ne fa Platone nel Timeo e nel Crizia, l'isola in questione, poteva essere situata più o meno in prossimità del Triangolo maledetto. Secondo il filosofo greco, la tale civiltà perduta era a conoscenza di una tecnologia molto avanzata che utilizzava come energia i poteri dei cristalli. Chissà, magari qualche loro potente marchingegno si trova tuttora in funzione nelle profondità oceaniche... e ogni tanto lancia un raggio in superficie, teletrasportando navi e aerei in altre dimensioni... chi lo può sapere? Alcuni pensano anche che in diversi punti della Terra possano esistere dei naturali varchi spazio-temporali, capaci di collegare tra di loro pianeti anche lontanissimi (un caso simile è quello del "Mare del Diavolo" tratto di mare che si estende dall'arcipelago giapponese fino alle isole Marianne). Anche questa ipotesi è ancora da verificare ed il mistero del Triangolo delle Bermuda, rimane un mistero.


La clipeologia è una disciplina nata di recente, dedita allo studio di tutti quei reperti archeologici e di tutte quelle espressioni artistiche che possano farci sospettare la presenza, nel nostro passato, di esseri alieni intelligenti provenienti da altri mondi. Il termine deriva dalla parola latina clipeus, coniata per indicare lo scudo tondo usato dagli antichi Romani . Infatti, i nostri avi ci lasciarono molti scritti e testimonianze della presenza di strani clipea ardentes nel cielo, ovvero, di UFO ("Unidentified Flying Object", "oggetto volante non identificato" – OVNI, in italiano) .
La clipeologia non è altro che un ramo ancora eretico dell'archeologia, non molto presa in considerazione dalla scienza “ufficiale”, perché ritenuta più una serie di fantasie che di fatti reali e dimostrabili. Il fatto che non si possano dimostrare i fatti clipeologici del passato è vero solo in parte, in quanto, non è detto che in futuro non si possano avere delle risposte alle molte domande imbarazzanti che affollano le menti degli studiosi. Non bisogna escludere a priori il fatto che possano essere accadute davvero tali cose, definite “fantasiose”. È doveroso ricercare, indagare, spingersi il più possibile nell’oscurità entro cui ancora giace parte del nostro essere. Che cos’erano quei dischi ardenti che i Romani vedevano sfrecciare nei loro cieli? Cosa vollero rappresentare alcuni artisti nelle loro opere? In molte di esse è possibile notare strani oggetti luccicanti nel cielo, oggetti fuori posto, anacronistici, definiti anche “OOParts”, ovvero, Out Of Place Artifacts (Oggetti fuori posto) . Probabilmente, gli UFO erano una realtà già allora e, in alcuni casi, questi non si limitarono a solcare silenziosamente i cieli del mondo antico. In molti casi vi dovettero essere dei contatti tra gli uomini dell’antichità e i loro “dèi”. Esseri superiori visti come divinità dalla gente di allora.
Non dimentichiamo che una cosa simile avvenne nuovamente durante la Seconda Guerra Mondiale. Gli aborigeni australiani costruirono feticci in paglia a immagine e somiglianza dei loro dèi: le misteriose macchine volanti che solcavano i cieli dell’Australia di allora. Ovvero, semplici aerei militari di nazionalità statunitense. Era la prima volta che quegli indigeni vedevano simili cose e ne rimasero affascinati a tal punto da interpretare tali eventi come divini.
Gli antropologi hanno studiato questo curioso episodio, coniando il concetto del “culto del cargo” , ovvero, il culto degli indigeni per i loro dèi del cielo. Un concetto che, volendo, potremmo applicare anche al passato della Terra, parlando di un culto del cargo preistorico. Già lo scrittore greco Evemero (340-260 a.C. circa) credeva che «gli eroi e i personaggi mitici altro non [erano] che uomini divinizzati dall’ammriazione dei popoli (…); tutta la mitologia è una trasposizione di eventi storici» . Molti elementi c’inducono a proseguire le nostre ricerche in questa direzione.

Siamo nel XXI secolo, ma sono ancora molte le cose cui l’uomo non riesce a dare una spiegazione esauriente. Misteri insoluti che da sempre ci affascinano e ci spingono a pensare che forse, in tutto l’universo, possano esistere altre forme di vita intelligente. Perché, se parliamo di forme di vita elementari, non ci sono dubbi che ve ne siano. Ricordiamo la meteorite precipitata il 28 settembre del 1969 nei pressi di Murchison, in Australia. Il dottor Cyril Ponnamperuma, capo del reparto analisi della NASA trovò al suo interno venti tipi di aminoacidi presenti nelle cellule viventi del nostro pianeta, accanto a undici altri la cui struttura ci è sconosciuta . E, a quanto pare, anche su Marte vi sarebbero minuscoli batteri e altre forme di vita microscopiche.
Qual è la prima cosa che pensate quando vi capita di vedere su qualche rivista illustrazioni raffiguranti le gigantesche piramidi d’Egitto o del centro America, i moai dell’Isola di Pasqua o le enigmatiche linee di Nazca?
Non potete negarlo, è difficile trovare una soluzione ai molti enigmi del passato, ma non stupitevi più di tanto, perché anche gli scienziati sono spesso in disaccordo tra loro quando si tratta di dare soluzioni a questi misteri, e spesso si scoprono impossibilitati nel dare certezze.
D'altronde, è difficile immaginare migliaia di Egizi che per tutta la loro vita non fanno altro che lavorare alla costruzione di piramidi e templi (e i loro figli dopo di loro, per centinaia d’anni!). Si è calcolato, ad esempio, che per costruire la Grande Piramide di Cheope occorsero otto milioni di operai e circa vent’anni di lavoro! Oppure, più operai in meno tempo . Secondo Erodoto, e la maggior parte degli studiosi contemporanei, ne occorsero molti meno, solo 100.000, a lavoro per vent’anni di tempo.
Va bene, non c’era ancora la televisione, ma non vi sembra un po’ esagerato?

Nella maggior parte dei casi, gli scienziati sono concordi nell’affermare che le piramidi possano essere state le magnifiche tombe dei faraoni, ma questa sembra piuttosto una soluzione di comodo. Perché, in effetti, non si sono mai trovate mummie all’interno delle piramidi. Vi erano solo i sarcofagi, ma vuoti! Allora perché vennero costruite? Ed è proprio sicuro che furono gli Egizi gli artefici di queste grandi opere? Oppure, potrebbe essere che questi le trovarono già in Egitto al loro arrivo? Nessuno ancora può dirlo con certezza.
Tanto per fare un esempio, quando gli archeologi entrarono nella piramide di Djoser a Saqquara, trovarono il sarcofago intatto, con ancora il sigillo reale. Ma quando l’aprirono, speranzosi di trovare un grande tesoro, rimasero a bocca aperta: il sarcofago era vuoto! Come potremmo spiegare ciò? Probabilmente, le piramidi non erano le tombe dei faraoni, come ci hanno fatto credere da sempre gli egittologi. Il loro vero scopo rimane un mistero. Le mummie ci sono, ma si trovano soltanto nella valle dei re e in quella delle regine, vicino Tebe .

L’Egitto, Angkor in Cambogia, Teotihuacan in Messico, Stonehenge, così come molti altri siti nel mondo, sono ancora avvolti nelle oscure trame del mistero. Non ci sono certezze, ma ognuno di noi è libero di formulare ipotesi.
Per quanto mi riguarda, molti di questi misteri planetari potrebbero anche essere complementari; così, si spiegherebbero le affinità tra le piramidi d’Egitto, quelle precolombiane, quelle cinesi e quelle italiche (molti ancora non lo sanno, ma esisterebbero piramidi anche in Italia), o le affinità tra le diverse lingue, tradizioni, miti antichi dell’umanità, etc.
Per fare qualche esempio: sia in Cina che a Palenque, un’antica città maya sita in centro America, vi era l’uso di seppellire il defunto con delle sfere di giada nelle mani e nella bocca . La giada era una pietra dura, che simboleggiava l’incorruttibilità, l’eternità, anche perché non poteva essere fusa come i metalli, e si pensa sia giunta nelle Americhe proprio dall’Asia; inoltre, ricordiamo che gli esami condotti sulla mummia egizia di Hanut Taui hanno rivelato la presenza di cocaina e nicotina, derivati del tabacco, originario delle Americhe . Iscrizioni fenicie sarebbero state rinvenute nel Nord America.
L’arte buddhista ci presenta dèi seduti su tigri e altri grossi felini, così come accade presso i Maya, soprattutto a Palenque . Ritroviamo identiche sia in Asia sia nella Mezzaluna Fertile sia nelle Americhe le immagini del disco solare. Vi sono affinità tra l’arte cinese e quella dell’America nord-occidentale, come tra l’iconografia shang e alcuni simboli maya e aztechi. Ma come potremmo spiegare l’abisso temporale presente tra l’antichissima arte dei bronzi cinesi, la civiltà maya del IV secolo e quella azteca del XIV secolo d.C.? Troviamo piramidi identiche a quelle di Tikal nella metropoli abbandonata di Angkor Vat e su alcune isole dell’Indonesia. Sia gli Egizi, sia i Greci, il popolo di Zimbabwe, gli Hsing Nu, gli Assiri e le popolazioni della Mesoamerica inventarono la stele . Ebbero tutti la stessa intuizione! È possibile?
Ma non sono di certo gli unici esempi.
Tali dettagli, insignificanti per molti studiosi, rivelano una probabile interazione tra i diversi popoli del globo, fin dai tempi più remoti. Interazioni troppo spesso ignorate.

Pensiamo al nostro passato: a ieri, a un mese fa, a dieci anni fa… incominciamo a ricordare a fatica. Prendiamo i nostri libri di storia e sfogliamoli partendo dall’ultima pagina, fino ad arrivare alla prima: cento anni fa, mille anni fa, tremila anni fa… Sumeri, Minoici ed Egizi. Il periodo che precede queste civiltà è detto preistoria. La differenza tra questa e la storia è che quest’ultima è stata scritta da studiosi che si sono basati su fonti scritte, epigrafi e tutta una serie di reperti archeologici. Più arduo è il compito di chi ricostruisce la preistoria, caratterizzata dalla scarsa presenza di fonti.

In questo libro si tratterà proprio di questo periodo, cercando di mettere insieme i vari tasselli del mosaico della vita umana sulla Terra. Si prenderanno in esame i classici dell’antichità, da Omero a Platone (428/348 a.C.), da Tucidide a Virgilio, ma non solo. I miti della creazione dei popoli; i testi sacri, come la Bibbia e i Veda; le opere di autori moderni e contemporanei, cercando di far luce sui misteri che ancora avvolgono la nostra preistoria. Che cos’è l’essere umano? Perché è l’unica forma di vita ad avere un intelletto così sviluppato? Come nacque la vita sulla Terra? Gli dèi dell’antichità erano il frutto delle fantasie e delle speranze dell’umanità, oppure esseri reali, capaci di grandi cose?
Mettendo insieme i tasselli del mosaico in nostro possesso riusciamo a vedere più in là dell’invisibile barriera che divide la storia dalla preistoria. Lentamente emergono dalle nebbie del passato i resti di un mondo dimenticato, di cui rimangono poche tracce. Scopo di questo libro è proprio quello di mettere insieme gli scarsi indizi in nostro possesso, sperando che la preistoria di ieri possa diventare la storia di domani.


preso da: www.croponline.org/triangolobermuda.htm


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