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Harappa e Mohenjo-Daro le civiltà sconosciute dell'Indo

Ultimo Aggiornamento: 05/10/2015 13:41
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Le civiltà della Valle dell'Indo vengono fatte risalire dai testi tradizionalisti a circa 2500 anni prima della nostra era, ma la datazione è senza dubbio errata, come hanno potuto stabilire di recente, con ricerche più approfondite, studiosi pakistani, britannici, sovietici, statunitensi e tedeschi, concordi nell'affermare che la città di Mohenjo-Daro (le cui rovine si trovano nel Pakistan meridionale, tra Larkana e Kandiaro) era già sicuramente fiorente 5-6 mila anni or sono. Ce lo provano, tra l'altro, i chicchi di grano rinvenuti tra i ruderi, la cui età è stata stabilita e che, piantati, ci hanno dato, a distanza di tanti millenni, una sorta di frumento a noi assolutamente sconosciuta, dal potere nutritivo molto
Le rovine della città di Mohenjo-Daro che, insieme con Harappa, costituì il nucleo vitale dell'antica civiltà della Valle dell'Indo
superiore a quello delle varietà che vengono attualmente coltivate. Anche attraverso questo piccolo prodigio il pubblico è giunto a conoscere la città di Mohenjo-Daro, senza sapere che la scoperta delle sue rovine ha colmato una notevole lacuna archeologica, aprendo, nello stesso tempo, molti altri appassionanti interrogativi. Fino a poco più di mezzo secolo fa gli studiosi delle civiltà indiane si trovavano di fronte a una curiosa situazione: disponevano, cioè, di un testo a carattere filosofico-religioso, riferibile a un popolo di alta cultura e stilato circa quattromila anni or sono e secondo alcuni anche prima (il Rgveda, o 'Veda degli inni'), mentre non erano riusciti a rintracciare una sola opera d'arte, una sola costruzione anteriore al III secolo prima di Cristo. Fra questo periodo, posto già sotto l'influsso dell'arte persiana e greca, e il favoloso tempo del Rgveda non c'era che un grande punto interrogativo, reso ancora più sibillino da pochi, frammentari ritrovamenti: resti di mura, armi e suppellettili di bronzo, uno stranissimo sigillo con la rappresentazione di un ignoto animale cornuto e alcune parole in caratteri indecifrabili affiorato ad Harappa, nella cosiddetta 'Terra dei cinque fiumi', circa 200 chilometri a sudovest di Labore. Solo nel 1921 l'archeologo indiano Daya Harappa, con alcuni indovinati scavi condotti nel luogo che ora porta il suo nome, mise alla luce i resti di una città antichissima, i cui abitanti non conoscevano il ferro, servendosi (almeno a quanto risulta dai rinvenimenti) soltanto di strumenti di pietra e bronzo,.......continua


www.hwh22.it/xit/S18_clipeologia/valleindo.html

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